3, 2, 1… – S04E05

–276 giorni alle elezioni statunitensi
–2 giorni ai caucus dell’Iowa

*

Il processo di impeachment contro Donald Trump è praticamente finito, le primarie del Partito Democratico sono praticamente cominciate, il mio libro sull’America è uscito, in questo momento ho un taxi sotto casa per andare in aeroporto e poi dall’altra parte del mondo, e questo è Da Costa a Costa.

Questa cosa che c’è la mia faccia in tutte le librerie mi lascia ancora un po’ disorientato.

*

Come avrete capito ci sono molte cose di cui parlare, ma prima di cominciare servono due comunicazioni di servizio.

La prima è che sono in partenza, appunto: sto andando in Iowa e poi in New Hampshire, dove cominceranno tra pochi giorni le primarie del Partito Democratico. Vi racconterò e mostrerò il più possibile dei candidati, della campagna elettorale e della vita quotidiana innanzitutto su Instagram, giorno per giorno, e poi naturalmente qui su Da Costa a Costa, con la newsletter e col podcast. Questo viaggio è possibile solo e soltanto grazie alle persone che in queste settimane hanno deciso di fare una donazione per sostenere questo progetto, permettendomi così di pagare biglietti aerei, motel, auto a noleggio e magliette termiche a volontà. Oltre che il mio lavoro, evidentemente, al netto di commissioni e tasse. Pensate che roba: da lunedì sono in ferie dal mio lavoro al Post, perché per le prossime due settimane lavoro per voi. E decidete voi anche quanto pagarmi. Chi non ha contribuito è ancora in tempo: ho tanti progetti e altri viaggi in programma per quest’anno.

La seconda è che, come a questo punto avrete forse intuito, è uscito il mio libro, Questa è l’America. Grazie a tutti coloro che lo hanno pre-ordinato sulla fiducia e anche ai tanti che lo stanno comprando in libreria. Alcuni di voi lo hanno già iniziato e mi stanno mandando le loro opinioni, oppure stanno cominciando a scrivere le prime recensioni: stavolta sono io che non vedo l’ora di leggervi. Una volta tornato dagli Stati Uniti inizierò a girare per presentarlo: sul sito di Da Costa a Costa trovate già le date di Milano, Roma, Torino, Novara, Brescia, Pavia, Mantova, Biella e Città di Castello, altre ne arriveranno (anche al Sud, ovviamente!).

Ora cominciamo sul serio.

Raramente il New York Times pubblica titoli così grandi come quello che ha in questo momento (e niente “allarme”, “shock”, “bufera”, “diktat”, solo la notizia, bello no?).

*

Poche ore fa il Senato ha deciso di non convocare altre persone a testimoniare nel processo di impeachment contro Donald Trump, di fatto concludendolo. La richiesta di convocare nuovi testimoni è stata respinta con 51 voti contrari e 49 favorevoli. Hanno votato a favore i 47 senatori del Partito Democratico più i senatori Susan Collins e Mitt Romney del Partito Repubblicano. Da qualche ora era chiaro che sarebbe andata a finire così, perché gli altri due senatori in dubbio del Partito Repubblicano – Lisa Murkowski e Lamar Alexander – avevano sciolto la riserva annunciando il loro voto contrario. Alexander ha spiegato la sua decisione così, sintesi mia: “è molto chiaro quello che Trump ha fatto, le testimonianze non avrebbero aggiunto niente; io penso che abbia fatto qualcosa di inopportuno e sbagliato ma non di così grave da essere punito con la rimozione dalla Casa Bianca, soprattutto dal momento che tra pochi mesi questa decisione potrà essere presa direttamente dall’elettorato”. Il Senato voterà quindi mercoledì sui due capi d’accusa contro il presidente Trump e lo scagionerà, mettendo fine al processo di impeachment.

Come non faccio che ripetervi da mesi, l’assoluzione finale di Trump non è mai stata in discussione: la cosa davvero in dubbio era quando sarebbe arrivata. Gli interessi erano diversi e in parte conflittuali: dato che il fallimento dell’impeachment per lui è un’ottima notizia, il presidente Trump si sarebbe avvantaggiato di riceverla magari in un momento politicamente più interessante e più incisivo sul voto di novembre, come l’estate; allo stesso tempo, però, Trump si è dimostrato molto spazientito dal trovarsi in stato d’accusa, pur non correndo alcun rischio, e ha intimato ai Repubblicani del Senato di chiudere tutto il prima possibile. I Democratici sapevano che prima o poi l’assoluzione di Trump gli avrebbe imposto un prezzo, ma pensavano che nuove testimonianze avrebbero potuto comunque convincere qualche americano dell’inadeguatezza di Trump; allo stesso tempo, forse si rendevano conto che, se tanto alla fine Trump sarebbe stato assolto in ogni caso dai suoi compagni di partito, dal punto di vista comunicativo un “processo-farsa” (quale è stato questo al Senato, onestamente) sarebbe stato più facile da vendere agli elettori di un processo approfondito.

Avete ascoltato il secondo episodio del podcast di Da Costa a Costa? Si parla di impeachment – ma non di quello di Trump – con una storia incredibile e piena di passaggi cinematografici e colpi di scena. Clicca play.

*

Non ci siamo persi granché, comunque: le richieste dei Democratici negli ultimi giorni hanno ruotato attorno alla possibilità di una testimonianza di John Bolton, l’esperto funzionario conservatore che era stato consigliere per la Sicurezza nazionale di Trump, che racconterà la sua versione in un libro di prossima uscita. Ma i giornalisti americani ne hanno letto e scandagliato le bozze, e il libro contiene soprattutto conferme di cose che sapevamo già. Non avrebbe avuto comunque alcun peso sul voto del Senato né sull’opinione pubblica, che – fatto abbastanza eccezionale – non ha subìto nessun particolare scossone a causa di questo impeachment. Se volete leggere qualcosa in più su cosa ha fatto Trump e perché è andata a finire così, vi consiglio questo mio articolo di qualche tempo fa; se volete capire in un senso più culturale e storico come gli Stati Uniti siano arrivati a questo punto, con un presidente che può «sparare a qualcuno in mezzo a Fifth Avenue» senza perdere voti, beh, è una storia che comincia addirittura nel 1978, e la trovate nel mio libro.


Pensate che giornatine negli Stati Uniti: il 3 febbraio si vota in Iowa e c’è il Super Bowl, il 4 febbraio c’è il discorso sullo stato dell’Unione, il 5 febbraio il presidente viene assolto dal Senato, il 7 febbraio c’è un dibattito televisivo tra i candidati del Partito Democratico, il 10 febbraio ci sono gli Oscar e l’11 si vota in New Hampshire.

*

Una conseguenza di questo processo di impeachment è stata togliere molta attenzione alla parte finale della campagna elettorale dei candidati del Partito Democratico in Iowa, lo stato in cui lunedì cominciano le primarie. Le ultime settimane prima del voto di solito sono un crescendo di attesa mediatica e popolare, con i candidati a sparare ogni cartuccia e i media a seguire tutto ossessivamente. Stavolta c’è stata una grossa distrazione in più, e quattro candidati – i senatori Bernie Sanders, Elizabeth Warren, Amy Klobuchar e Michael Bennet – hanno dovuto addirittura lasciare l’Iowa per tornare a Washington. Se unite tutto questo al modo particolare in cui si vota in Iowa – ne abbiamo qualche sabato fa – che premia l’organizzazione dei comitati elettorali e la motivazione degli elettori, più che il loro numero in termini generali, capirete perché gli analisti più affidabili non escludono sorprese dell’ultimo minuto.

(per continuare a leggere, iscriviti alla newsletter)