Quante notizie storiche possono arrivare in una sola settimana? – S04E25

–136 giorni alle elezioni statunitensi

*

Nessuno promuove i libri in uscita come Donald Trump, e questo è Da Costa a Costa.

Quando mi è capitato di parlare con persone che avevano votato Donald Trump, negli ultimi tre anni e mezzo, gli argomenti più frequenti citati a suo favore sono stati quasi sempre due. Il primo è la solidità della crescita economica americana, che però si è bruscamente interrotta in questi mesi a causa dell’epidemia. Il secondo sono le nomine giudiziarie.

Il presidente ha il potere di nominare i giudici che vanno a occupare i posti vacanti nei vari tribunali federali americani, oltre che quelli della Corte Suprema. Anche i giudici federali hanno un incarico a vita, nonché un potere molto esteso e utilizzato: prendono quotidianamente decisioni che coinvolgono ogni aspetto della vita dei cittadini, e possono persino bloccare gli ordini esecutivi del presidente. Il loro impatto sulla vita degli americani è straordinario, e più ampio di quello di moltissimi deputati e senatori. Per molti elettori conservatori, quindi, un presidente Repubblicano è sempre e comunque meglio di un presidente Democratico: pure se quel presidente si chiama Donald Trump. Una volta uno mi ha detto: «A te non è mai capitato di votare qualcuno che non ti piaceva solo perché non volevi che vincessero quegli altri?». Eh.

Le nomine dei giudici federali e della Corte Suprema sono proposte dal presidente ma devono essere ratificate dal Senato. I Repubblicani hanno giocato questa partita nel modo più spregiudicato possibile: fino al 2016 hanno fatto ostruzionismo, impedendo a Barack Obama di ratificare le nomine che aveva diritto di fare, compresa quella di Merrick Garland alla Corte Suprema; una volta cambiato l’inquilino della Casa Bianca hanno modificato proprio la norma che aveva permesso loro di fare ostruzionismo, e hanno cominciato a nominare un giudice dopo l’altro. In tre anni e mezzo l’amministrazione Trump è riuscita a nominare 199 giudici federali, tanti come nessun altro presidente in quarant’anni, così tanti che a un certo punto gli è mancato il materiale umano e hanno cominciato a nominare persone con pochissima esperienza. L’ultimo è stato ratificato giovedì, ha 37 anni, ed è anche lui un super conservatore.

Come noto, poi, Trump ha già nominato due giudici alla Corte Suprema – Neil Gorsuch e Brett Kavanaugh – rafforzandone la maggioranza conservatrice.

Eppure, lunedì…

E poi, giovedì…

L’amministrazione Trump ha incassato due sonore sconfitte alla Corte Suprema.

La prima di queste importanti sentenze ha stabilito che le persone non possono essere discriminate sul posto di lavoro sulla base del loro orientamento sessuale. La legge del 1964 sui diritti civili di cui abbiamo molto parlato in queste settimane – nata principalmente per proteggere dalle discriminazioni i cittadini afroamericani – protegge anche dai trattamenti ingiusti basati sulla religione o sul genere. Ma l’orientamento sessuale non è il genere, e quindi fino a oggi è stato possibile licenziare una lavoratrice perché lesbica, per esempio.

È interessante il modo in cui la Corte Suprema ha argomentato questa decisione. Semplificando, esistono due grandi correnti di pensiero giudiziarie: ci sono giudici (generalmente conservatori) che tendono ad applicare una versione letterale della Costituzione o delle leggi, e altri (generalmente progressisti) che ritengono si debbano interpretare le norme alla luce dei cambiamenti della società. L’esito di queste valutazioni, però, non è sempre scontato.

In questo caso, per esempio, la protezione contro le discriminazioni è stata estesa alle persone LGBTQ sulla base di un’interpretazione letterale della legge, seppur la legge non citi l’orientamento sessuale. Per esempio: se un uomo viene licenziato perché ha una relazione con un uomo ma una donna non viene licenziata per avere una relazione con un uomo, hanno detto i giudici, allora siamo in presenza di una discriminazione sulla base del genere. Quindi il licenziamento è illegale. La sentenza è passata con una maggioranza di sei contro tre, ed è andata contro le richieste dell’amministrazione Trump. Due giudici conservatori, Neil Gorsuch e John Roberts, hanno votato insieme ai quattro giudici progressisti.

È una sentenza che avrà grandi implicazioni su molti ambiti – dalla sanità alle adozioni – e che con ogni probabilità sarà accolta positivamente dalla popolazione. Un sondaggio dello scorso giugno ha mostrato che l’82 per cento degli americani pensa che le persone LGBTQ debbano essere protette dalle discriminazioni, compreso il 71 per cento degli elettori che si definiscono Repubblicani.

Anche la sentenza arrivata giovedì è molto importante.

Durante il secondo mandato dell’amministrazione Obama, l’ennesimo tentativo di arrivare a una riforma dell’immigrazione al Congresso era naufragato. Il presidente Obama decise quindi di emanare un ordine esecutivo che proteggesse dal rischio di espulsione le persone più fragili e incolpevoli dell’intero processo: gli immigrati irregolari che sono arrivati negli Stati Uniti da bambini, insieme ai loro genitori, e quindi non solo non hanno alcuna responsabilità penale – non sono loro che hanno deciso di attraversare il confine illegalmente – ma subirebbero gravissime conseguenze personali da un provvedimento di espulsione, visto che sarebbero spedite in paesi in cui non hanno di fatto mai vissuto, e di cui spesso non conoscono nemmeno la lingua. Dato che la legge mai approvata che avrebbe dovuto regolarizzare la loro posizione veniva chiamata DREAM Act, queste persone – circa 650.000 – vengono chiamati “Dreamers”.

Il programma approvato dall’amministrazione Obama – noto con l’acronimo DACA – stabiliva che chiunque fosse arrivato negli Stati Uniti irregolarmente quando aveva meno di sedici anni sarebbe stato immune dall’espulsione, purché non commettesse reati. A giugno del 2017 l’amministrazione Trump aveva detto che il DACA sarebbe stato annullato nel giro di sei mesi, allo scopo di costringere il Congresso ad approvare una legge sull’immigrazione (e ottenere così nella trattativa i fondi per la costruzione del muro), ma la decisione era stata bloccata da un tribunale federale portando il caso davanti alla Corte Suprema. Questa settimana, quindi, la Corte Suprema ha deciso che il DACA resterà in piedi, perché la decisione del presidente Trump è stata giudicata irragionevole dal punto di vista legale. La sentenza è stata emessa con una maggioranza di cinque a quattro: il giudice conservatore John Roberts ha votato insieme ai quattro giudici progressisti. Anche in questo caso la richiesta dell’amministrazione Trump è stata respinta.

Sono due decisioni importanti soprattutto perché avranno conseguenze sulle vite di milioni di persone, naturalmente. E dal punto di vista politico non ci dicono che la Corte Suprema improvvisamente non ha più una maggioranza conservatrice: ce l’ha eccome. Ci dicono un’altra cosa, però: che quando i giudici hanno un incarico a vita, come avviene negli Stati Uniti, le loro decisioni giuste o sbagliate vengono prese con grande indipendenza sul piano politico. E quindi, per quanto un elettore conservatore possa preferire che queste nomine vengano fatte da un presidente Repubblicano piuttosto che da un presidente Democratico, non esiste alcuna garanzia di ottenere così solo e soltanto decisioni favorevoli alla propria parte politica. Niente è mai scontato.

Queste sentenze demotiveranno gli elettori conservatori? Oppure avranno la conseguenza opposta? Non lo so.

Ma vi faccio un altro esempio molto attuale di come niente sia mai scontato.

(per continuare a leggere, iscriviti alla newsletter)