18 Lug Because of you – S04E29
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Soltanto un mese fa, dopo aver raccontato la sua storia eccezionale in un episodio del podcast, vi avevo scritto: “Doveste chiedermi chi sono i miei personaggi americani contemporanei preferiti, uno dei primi nomi che farei sarebbe sicuramente John Lewis. Forse il primo”. Forse il primo.
John Lewis è morto poche ore fa. Aveva ottant’anni ed era una delle persone più coraggiose, ambiziose e altruiste nelle cui vite io mi sia mai imbattuto. Un esempio di intelligenza e risolutezza, di sensibilità, concretezza, determinazione, umanità, tenerezza e carisma concentrate insieme in un modo che in questo momento faccio fatica a descrivere, e che mi dava la sensazione, ogni volta che lo ascoltavo o leggevo di lui, di poter superare i miei limiti e diventare una persona migliore. Era quello che faceva, con tutti, da sempre.
Questo è Da Costa a Costa.
Se avete dei figli, regalategli il suo graphic novel. Ho avuto l’onore di scrivere la prefazione all’edizione italiana.
Tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016 il numero degli iscritti a questa newsletter crebbe al punto da costringermi ad abbandonare il servizio gratuito che utilizzavo per comporla e spedirla, che aveva un tetto massimo di iscritti, e passare al servizio a pagamento che utilizzo ancora oggi. Più o meno un quinto di voi dovrebbe ricordarselo, perché era già qui. All’epoca Da Costa a Costa era solo una newsletter (il podcast sarebbe arrivato poi) e farla mi piaceva già moltissimo, anche se mi costava molto lavoro e non mi portava un soldo in tasca. L’idea di rimetterci addirittura dei soldi però mi lasciava perplesso: non per i soldi in sé, quanto perché mi faceva vedere l’intero progetto come qualcosa di dilettantesco, e non volevo che lo fosse.
Quindi un sabato scrissi: cari, siete diventati tanti, la cosa mi rende felicissimo ma allo stesso tempo mi costerà poco meno di mille euro da qui alle elezioni, come minimo. Io voglio continuare a fare Da Costa a Costa gratis e non voglio creare nessun tipo di abbonamento, ma se qualcuno di voi avesse voglia di contribuire a coprire le spese che sosterrò con una piccola donazione, questo è il mio account Paypal. Altrimenti amici come prima, io proseguo comunque. Fine. Pensavo che nel migliore dei casi avrei raggiunto quella cifra entro novembre 2016, e invece soltanto nei giorni tra quel sabato e il successivo raccolsi quasi dieci volte tanto. Fu una cosa commovente, ma mi affrettai a chiedervi di non donare più nulla: cosa faccio adesso con questi soldi?, pensai.
La cosa che feci fu andare negli Stati Uniti come vostro inviato, prima a seguire le convention dei partiti in Ohio e in Pennsylvania, e poi in Iowa poche settimane prima del voto, e raccontarvi tutto. Nel frattempo era nato anche il podcast, e chi c’era si ricorderà di quel periodo in cui scrivevo addirittura due newsletter la settimana, oltre ai podcast, e sui social vi mostravo dal campo i dietro le quinte della campagna elettorale americana.

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La storia di Da Costa a Costa è proseguita come sapete: il modello delle donazioni nel quale mi sono imbattuto per caso è diventato il pilastro che regge in piedi l’intero progetto, e grazie a voi ho fatto il vostro inviato anche dal Michigan, dal Texas, dalla California, di nuovo dall’Iowa e dal New Hampshire. Avrei dovuto farlo ancora tra poche settimane per seguire le convention dei partiti in Wisconsin e in Florida, ma oggi devo dirvi che purtroppo per ragioni che non dipendono da me non sarà possibile.
La prima ragione è la più banale e inaggirabile: gli Stati Uniti non mi fanno entrare. Io vivo in Italia, ma ho un visto giornalistico quinquennale che mi permette di andare negli Stati Uniti quando voglio e restarci quanto voglio. I visti giornalistici però non fanno parte di quelli esentati dal divieto emesso lo scorso marzo dall’amministrazione Trump per tutta l’area Schengen, a causa dell’epidemia. Nessuno sa quando il divieto sarà rimosso.
La seconda ragione è che praticamente non ci saranno le convention per come le conosciamo e per quello che le rende interessanti e vivaci, e sempre a causa dell’epidemia. Il Partito Democratico ha spostato i lavori in un luogo molto piccolo di Milwaukee – trasmetterà tutto in streaming – e sta dicendo addirittura ai suoi deputati e senatori di restare a casa, oltre che a tutti i delegati eletti con le primarie. Figuriamoci se vogliono intorno la stampa straniera: non mi ha stupito che la mia richiesta di accredito, presentata a dicembre, questa settimana sia stata respinta. Il Partito Repubblicano sembra voler convocare più gente, nonostante l’epidemia stia infestando la Florida, e organizzerà un grande comizio all’aperto per il presidente Donald Trump. Non mi hanno ancora fatto sapere nulla, ma anche se dovessero darmi un accredito non potrei fisicamente raggiungere gli Stati Uniti.
Mi dispiace più di quanto immaginiate, perché l’esperienza del 2016 è stata istruttiva e indimenticabile, e perché i soldi delle vostre donazioni dovevano servire soprattutto a questo. Purtroppo non posso farci nulla. Tornerò negli Stati Uniti per vostro conto non appena sarà di nuovo possibile, questo posso garantirvelo. Se avete delle domande o dei consigli, basta rispondere a questa email.
Intanto un’altra comunicazione di servizio, e poi cominciamo: dal 27 luglio al 2 agosto mi troverete ogni mattina a condurre Prima Pagina, la storica e prestigiosa rassegna stampa di Radio 3 RAI. Si comincia alle 7.15, fino alle 8 si leggono e si commentano i giornali, poi si discute in diretta con gli ascoltatori fino alle 8.45. Per chi la mattina dorme o ha da fare c’è RaiPlayRadio. Sarà la mia quarta conduzione a Prima Pagina, mi piace sempre moltissimo.

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I contagi negli Stati Uniti hanno iniziato a crescere in modo generale e corposo dalla metà di giugno. I ricoveri in ospedale hanno iniziato a crescere allo stesso modo una settimana dopo. Altre due settimane dopo – circa 21 giorni dall’aumento dei contagi – sono iniziati a crescere anche i morti. Oggi anche la curva nazionale dei decessi, che fin qui era stata tenuta bassa dal grande miglioramento della situazione a New York e in New Jersey, è tornata a salire.
Non c’è mai stato un mistero, insomma, intorno al legame tra contagiati e morti negli Stati Uniti. Alcuni lo hanno ipotizzato, negli Stati Uniti e anche in Italia, pur di rilanciare la versione del presidente Donald Trump e sostenere che non ci fosse niente di cui preoccuparsi. Ma Trump su questo aveva torto, purtroppo. Il grande aumento dei contagi non può essere spiegato solo con l’aumento dei test, altrimenti non avremmo assistito alla saturazione degli ospedali e degli obitori di diversi stati. E non è vero nemmeno che l’aumento dei contagi non abbia portato a un aumento dei morti, come ormai sapete, o che sia normale avere così tanti casi per un paese da ben 320 milioni di abitanti.