Portland – S04E30

–101 giorni alle elezioni statunitensi

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Potete sostenere anche voi il test sulle capacità cognitive che Trump si vanta di aver superato, e questo è Da Costa a Costa.

Da più di cinquant’anni negli Stati Uniti gli spot televisivi sono l’architrave di qualsiasi campagna elettorale, e la principale voce di spesa di qualsiasi persona candidata alla presidenza. Fino a questo momento i candidati del 2020, primarie comprese, hanno speso in totale un miliardo e mezzo di dollari per trasmettere spot televisivi: e poi ci sono i moltissimi altri prodotti e diffusi da comitati politici indipendenti, associazioni, organizzazioni non governative.

Gli spot sono ancora oggi lo strumento che permette di rivolgersi al maggior numero possibile di americani, a prescindere dalle loro differenze culturali e di stili di vita. Tanti passano inosservati, ma alcuni fanno discutere per settimane, spostano l’opinione pubblica e cambiano il corso delle campagne elettorali. Tutto è cominciato davvero nel 1964, quando le immagini di una bambina che sfogliava i petali di una margherita e il genio di un pubblicitario della Madison Avenue hanno cambiato per sempre gli spot politici americani.

Ne parliamo nella nuova puntata del podcast di Da Costa a Costa, che è uscita stamattina e trovate su tutte le piattaforme di podcast: da Spotify a Spreaker, dall’app Podcast dei vostri iPhone a Google Podcast. E dato che parliamo di spot – e di spot a modo loro straordinari – dopo aver ascoltato la puntata andate sul mio profilo Instagram e cliccate sul circoletto “Spot” per vedere gli spot di cui parlo nel podcast e anche alcuni altri, tutti notevoli.

Ascolta “S04E15. I approve this message” su Spreaker.

Da decenni un pezzo minoritario ma rilevante della popolazione americana è preoccupato da quella che descrive come una crescente invadenza e prepotenza del governo federale nel limitare i poteri degli stati, al punto da preconizzare – pure con una certa paranoia – addirittura un intervento violento, descritto sempre come imminente. Quel pezzo della popolazione è sempre stato molto conservatore e molto Repubblicano: chi ha letto Questa è l’America ricorderà la storia di Cliven Bundy e quella dell’assedio di Waco, e capirà di cosa sto parlando. Altri di voi potrebbero ricordare le molte teorie del complotto che circolarono nel 2015, quando l’amministrazione Obama organizzò un’esercitazione militare. Tanti americani conservatori temono da sempre che prima o poi il governo federale mandi i suoi soldati a mettere fuori gioco le forze locali di polizia, annullando i diritti e le autonomie degli stati e delle città.

Per una delle tante ironiche giravolte della storia, qualcosa di simile sta succedendo in questi giorni per decisione di un’amministrazione Repubblicana, votata e sostenuta con grande entusiasmo tra gli altri proprio dai segmenti più paranoici e complottisti della destra statunitense.

La storia è questa. Lo scorso 26 giugno Trump ha emesso un ordine esecutivo per la protezione di monumenti e luoghi di interesse nazionale. L’ordine prevedeva la formazione di “squadre di risposta rapida”: duemila agenti che sono stati schierati innanzitutto a Portland, Seattle e Washington D.C., tre delle città dove le proteste contro il razzismo sono state più intense, e dove di fatto non si sono mai fermate.⁣ Ma le cose veramente preoccupanti stanno accadendo a Portland, Oregon: una delle città più di sinistra degli Stati Uniti e una delle più lontane da Washington D.C.

Sulla carta, questi agenti possono arrestare chi è sospettato di un reato, proteggere gli edifici del governo federale – per esempio i tribunali – e indagare su eventuali danni contro statue e monumenti. In pratica, questi agenti hanno disperso e represso con violenza manifestazioni pacifiche, usando gas lacrimogeni e proiettili di gomma sparati ad altezza d’uomo, e soprattutto – in modo del tutto arbitrario – di tanto in tanto prendono un manifestante per strada, lo caricano dentro un furgone (lo “arrestano”, legalmente parlando) e dopo qualche ora lo rilasciano. Il tutto senza che le loro divise o i loro furgoni abbiano segni di riconoscimento, senza presentarsi, senza esporre accuse, senza contestare niente a chi venga fermato: di fatto sono dei rapimenti, e chi viene preso non sa nemmeno se si trova in mano del governo o di una delle tante milizie di destra che girano per la città in mimetica.⁣

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