01 Ago E se Trump non accettasse l’esito del voto? – S04E31
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Se avessi voluto occuparmi per lavoro di complottisti e gente che crede ai fenomeni demoniaci mi sarebbe bastata la politica italiana, e questo è Da Costa a Costa.
Intorno alle 8.30 del mattino di giovedì, quando in Italia erano le 14.30, le agenzie di stampa e i giornali statunitensi hanno diffuso una notizia grande e storica. Attesa, ma non in queste proporzioni. Secondo i dati ufficiali che erano stati appena diffusi, nel secondo trimestre l’economia statunitense si è contratta del 9,5 per cento, con un tasso annualizzato del -32,9 per cento. Trentaduevirgolanove. Un terzo. Il calo peggiore di sempre per il PIL della più grande economia del mondo.
Poco più di un quarto d’ora dopo, alle 8.46, il presidente degli Stati Uniti ha pubblicato questo tweet. «A causa del voto per posta le elezioni del 2020 saranno le più IMPRECISE e FRAUDOLENTE della storia. Saranno un grave imbarazzo per gli Stati Uniti. Rinviare le elezioni fino a quando tutti possano votare come si deve e in sicurezza?»
With Universal Mail-In Voting (not Absentee Voting, which is good), 2020 will be the most INACCURATE & FRAUDULENT Election in history. It will be a great embarrassment to the USA. Delay the Election until people can properly, securely and safely vote???
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) July 30, 2020
Il tempismo dovrebbe aver già illuminato la lezione da trarre da questo episodio. Ma entriamo nel merito.
Il presidente degli Stati Uniti non può rinviare le elezioni presidenziali. Nemmeno in circostanze di emergenza, mai: è fuori dai suoi poteri. Per rinviare le elezioni servirebbe eventualmente un voto del Congresso: che oggi è controllato al Senato dai Repubblicani – peraltro con una maggioranza sottilissima – e alla Camera dai Democratici. Quindi un rinvio sarebbe possibile solo se entrambi i partiti si mettessero d’accordo: e non succederà. Per la cronaca nessuno, persino tra i Repubblicani del Senato nessuno, nemmeno i più forti alleati di Trump, si è detto aperto a questa ipotesi.
Inoltre, rimandare le elezioni – una cosa mai accaduta, nemmeno durante la Guerra civile, quando gli americani si stavano letteralmente ammazzando tra loro – non permetterebbe di spostare una data che è scritta nella Costituzione: il mandato del presidente scade in ogni caso il 20 gennaio. A quella data deve insediarsi il nuovo presidente. Questo vuol dire che anche se il Congresso dovesse decidere per un rinvio del voto, e non succederà, questo non permetterebbe di superare la pandemia e quindi far sì che tutti possano votare di persona. Cosa che peraltro non avviene più da ben prima che arrivasse il nuovo coronavirus.
Perché, quindi, questo tweet? Un tweet peraltro contraddittorio con l’unico messaggio coerente mantenuto da Trump in tutti questi mesi, cioè che la vita deve proseguire come sempre, che tutto deve tornare alla normalità, che le scuole devono riaprire, che si possono fare i comizi, che le abitudini degli americani non devono cambiare a causa dell’epidemia. Improvvisamente l’unica cosa che non si può fare è votare? È un tweet che è servito a distrarre la popolazione e i media dai catastrofici dati sull’economia, certo. Per distrarli in generale dall’epidemia e dalla sua fin qui fallimentare gestione del contagio, certo. Ma anche per mettere le mani avanti, come già aveva fatto prima delle elezioni del 2016: qualora dovesse perdere le elezioni, a novembre, sarà stato per colpa del voto per posta. Il voto per posta avrà falsato il risultato. Le elezioni saranno state truccate.
Non sono io paranoico: persino nel 2016, dopo aver vinto le elezioni, Trump disse che il voto era stato truccato.
Dovesse perdere le elezioni, nessuno si aspetta che Trump si comporti come qualsiasi altro presidente uscente del passato, di qualsiasi partito. Accettare la sconfitta con grazia, fare le congratulazioni all’avversario, pronunciare un discorso alto e istituzionale, sparire dalla vita pubblica. Trump resterà un protagonista attivo della vita pubblica statunitense, come minimo attraverso Twitter; i media continueranno a inseguirlo, così come almeno un pezzo del Partito Repubblicano; i suoi figli potrebbero tentare di raccogliere la sua eredità politica; lui stesso potrebbe persino ricandidarsi nel 2024. Ma tutto questo è in fin dei conti secondario rispetto a una domanda ben più importante.
Trump potrebbe rifiutarsi di accettare un’eventuale sconfitta e di lasciare il suo incarico di presidente? Di nuovo, non è una domanda oziosa, paranoica o faziosa: lo stesso Trump ha detto di non potere ancora dire se accetterebbe o no un’eventuale sconfitta. A domanda diretta, qualche giorno fa ha risposto: «Dipende».
Quindi è il caso di parlarne.
Come vi dicevo, il mandato del presidente scade automaticamente il 20 gennaio. Anche se Trump dicesse che il voto è stato truccato, i suoi poteri si esaurirebbero il 20 gennaio. I suoi ordini non sarebbero più gli ordini del presidente, gli uffici del governo non risponderebbero più a lui. Le sue proteste sarebbero semplicemente parole. Chi ascolta il podcast di Da Costa a Costa – ne parlavo in questo episodio – sa anche che entro il 14 dicembre deve riunirsi il collegio elettorale, l’organo che comprende i grandi elettori scelti con le elezioni presidenziali e che vota formalmente per il nuovo presidente (se non hai mai capito come funziona questa storia dei grandi elettori, leggi qui o ascolta qui).
Ma c’è un ma. Anche se le elezioni si tengono il 3 novembre, infatti, l’insediamento del nuovo presidente arriva appunto il 20 gennaio. Questa fase di transizione esiste per permettere alla nuova amministrazione di essere completamente operativa ed efficiente fin dal primo istante dopo il giuramento, e darle quindi il tempo di nominare i membri del governo e soprattutto di scegliere e assumere le migliaia di persone che lavorano alla Casa Bianca e nelle agenzie governative. Anche se il 3 novembre Trump venisse sconfitto, quindi, manterrebbe i poteri del presidente fino al 20 gennaio. Potrebbe fare qualcosa per invalidare il risultato del voto, o comunque trovare delle soluzioni per ostacolare la transizione o restare al potere? Va da sé che anche questo non è mai accaduto nella storia degli Stati Uniti, quindi tutto quello che segue non ha precedenti: potrebbe avere senso sulla carta, ma quello che ha senso sulla carta può cambiare una volta che diventa reale, concreto, e conosce quindi imprevisti e colpi di scena.