Il caos e l’ordine – S04E35

–66 giorni alle elezioni statunitensi

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Si nota che siamo entrati nel vivo della campagna elettorale dal fatto che è arrivato il momento in cui ogni tanto i giornali italiani fanno titoloni su un sondaggio americano a caso, e questo è Da Costa a Costa.

La convention del Partito Repubblicano ha definito questa campagna elettorale come una scelta tra l’ordine e il caos.

Una dopo l’altra, le persone che da lunedì a giovedì hanno parlato a favore del presidente Donald Trump hanno presentato un quadro molto preciso dell’America, con una coerenza e un’omogeneità che l’intera campagna elettorale del Partito Repubblicano fin qui non aveva mai avuto, succube delle dichiarazioni istintive, improvvisate e sbottanti del suo leader fra tweet, conferenze stampa e interviste. Il fatto che il programma delle serate fosse stato preparato a tavolino, che tutti i discorsi fossero scritti e che quasi tutti fossero stati precedentemente registrati – contrariamente a quanto aveva promesso Trump – ha permesso a un comitato elettorale che fin qui aveva fatto un’enorme fatica a stare “on message”, come si dice, di rivolgere finalmente al paese un messaggio chiaro e univoco.

Questo messaggio ha descritto gli Stati Uniti d’America come un paese davanti a un bivio, nel quale la direzione da imboccare sarà decisa dalla «più importante elezione delle nostre vite»: le due direzioni non portano semplicemente a due visioni diverse del paese, a due approcci diversi rispetto alle tasse e alla scuola, al debito pubblico e ai diritti civili, ma conducono letteralmente alla fine o alla sopravvivenza dell’America. Da una parte c’è la possibilità di «salvare il sogno americano», dall’altra il rischio che «un movimento radicale» possa «smantellarlo e distruggerlo».

Come forse avrete notato, è esattamente lo stesso messaggio emerso dalla convention del Partito Democratico della settimana scorsa, e soltanto questo fa venire i brividi: a prescindere che sia davvero così. Se i partiti stanno esagerando nel descrivere come apocalittico uno scenario che non lo è, allora fa rabbrividire la spregiudicatezza senza precedenti con cui agitano lo spauracchio di una catastrofe davanti a centinaia di milioni di persone che attraversano un momento di esasperazione, rabbia e sofferenza straordinarie, e hanno spesso un’arma a portata di mano. Se invece la descrizione apocalittica dei partiti fosse verosimile, beh, non serve concludere questa frase.

I punti di contatto tra le due convention, comunque, finiscono qui.

Pandemia? Quale pandemia?

Il paese descritto da Donald Trump e dal Partito Repubblicano è molto diverso dal paese descritto da Joe Biden e dal Partito Democratico. È innanzitutto un paese in cui l’epidemia da coronavirus è stata superata, al punto da parlarne pochissimo e con i tempi verbali al passato, e da radunare un pubblico da centinaia di persone senza testarle, senza misurare loro la temperatura, senza mascherine: ed è stata superata grazie all’azione tempestiva e decisa del presidente Trump. È un paese la cui economia galoppante – messa temporaneamente fuori gioco da un «virus cinese» – sarebbe pronta a ripartire ancora più forte, se solo finalmente tutti si decidessero a ricominciare a vivere le proprie giornate come prima, andando a scuola, allo stadio, in giro per i negozi. È un paese il cui presidente ha fatto per gli afroamericani «più di qualsiasi altro presidente dai tempi di Abraham Lincoln» ed è la scelta migliore per chi vuole sconfiggere il razzismo, che comunque nella società americana non esiste.

Il paese descritto da Trump è un paese che ha un solo grande problema, esistenziale: un movimento popolare anarchico, socialista, radicale, violento, che sta mettendo a ferro e fuoco le città e che presto estenderà la sua influenza e la sua minaccia anche fuori dalle città, nelle eleganti zone suburbane della classe media bianca e nelle zone rurali del paese, mettendo a rischio l’incolumità delle persone e la stabilità dell’economia, con la protezione di un Partito Democratico nel quale una parte è attivamente complice di questi propositi distruttivi e tirannici, mentre un’altra – quella rappresentata da Joe Biden – è troppo debole per opporle resistenza, e pensa anzi di sfruttarne la forza pur di arrivare al potere, lasciandole campo libero. A quel punto gli americani che vorranno preservare la propria vita e le proprie proprietà non potranno fare altro che prendere le armi, andare per strada e difendersi da soli, come alcuni si sono già trovati eroicamente costretti a fare.

Infine, questo movimento radicale di «anarchici violenti, agitatori e criminali» non vuole soltanto bruciare le città, sparare ai poliziotti, «distruggere questo paese e tutto quello che abbiamo caro»: vuole riscrivere la storia americana. Vuole controllare le idee delle persone. Vuole sanzionare le opinioni sgradite. Chi non si allineerà alle opinioni imposte dai nuovi dittatori sarà «licenziato, umiliato, minacciato».

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