26 Set ACB – S04E39
*
Chissà perché la notizia “Meghan Markle candidata alla Casa Bianca nel 2024?” trova più spazio sui giornali italiani di quelli americani, e questo è Da Costa a Costa.
Durante l’estate del 1987 il presidente Ronald Reagan doveva nominare un nuovo giudice della Corte Suprema. Nonostante il giudice dimissionario fosse un moderato, considerato all’epoca l’ago della bilancia della Corte, Reagan scelse un giudice molto conservatore e dai toni provocatori e aggressivi. Si chiamava Robert Bork.
Già pochi minuti dopo la nomina, che doveva essere ratificata dal Senato, i Democratici iniziarono a protestare.
Bork vuole cancellare i progressi fatti sul fronte dei diritti civili, dicevano. Toglierà alle donne il diritto di interrompere una gravidanza, aggiungevano. Altri ricordavano il suo imbarazzante ruolo nel caso Watergate: quando Nixon nel 1973 aveva deciso di licenziare il procuratore speciale che indagava sul suo conto, l’allora procuratore generale si rifiutò e si dimise. Nixon allora impartì l’ordine al vice procuratore generale, ma anche questo si dimise. Il terzo funzionario in ordine di grado eseguì le volontà del presidente. Era Robert Bork.

Robert Bork con l’allora presidente della commissione Giustizia del Senato, nonché l’uomo che avrebbe avuto un ruolo centrale nel far naufragare la sua nomina. Era Joe Biden.
I Democratici cominciarono una durissima campagna mediatica contro Bork, nel tentativo di spingere l’opinione pubblica dalla loro parte. Avevano la maggioranza al Senato, 54 seggi contro 46, ma non potevano controllare militarmente quei voti: bisognava convincere i singoli senatori che bocciare Bork fosse la cosa più popolare, e quindi bisognava renderlo la cosa più popolare. Le audizioni al Senato – guidate dall’allora presidente della commissione Giustizia, un certo Joe Biden – misero in mostra le opinioni di Bork, che cadde in qualche trappola risultando veemente e sarcastico.
Alla fine solo 40 senatori Repubblicani votarono per confermare Bork, insieme a due Democratici. La nomina fu respinta. Per i Repubblicani – i politici e gli elettori – fu una sconfitta umiliante. Non è più accaduto da allora che un giudice scelto dal presidente venisse respinto da un voto del Senato. Qualche settimana dopo Reagan fu costretto a fare una nomina molto diversa: scelse il giudice moderato Anthony Kennedy, che fu confermato con 97 voti favorevoli e nessun contrario. Negli anni seguenti Kennedy fu protagonista di alcune delle decisioni più progressiste prese dalla Corte, come quella che nel 2015 ha reso legali i matrimoni gay.

Uno dei tre assenti al voto su Kennedy era Biden. Il New York Times raccontò che era bloccato a casa con un forte dolore al collo. Dagli esami a cui si sottopose emerse un aneurisma cerebrale sul punto di ucciderlo. È una storia che conosce chi ha ascoltato questa puntata del podcast.
La fallita nomina di Bork ebbe grandi conseguenze sui conservatori americani. Alcuni oggi individuano quel periodo come il momento in cui la politica americana cominciò a radicalizzarsi, e i partiti a usare ogni mezzo per battere i propri avversari, e i rapporti tra gli elettori dei due partiti a diventare sempre più bellicosi. All’epoca, infatti, per prassi si pensava che al Senato spettasse soltanto valutare se la persona scelta dal presidente fosse abbastanza qualificata per fare il giudice della Corte Suprema, a prescindere dalle sue idee. Ma Bork fu bocciato per le sue idee, e molti elettori conservatori si convinsero di essere stati vittime di un gesto prepotente.
Quel che è certo è che la fallita nomina di Bork fece fare alle nomine giudiziarie un gran balzo in avanti nelle priorità degli elettori conservatori. Da allora e fino a oggi, infatti, negli Stati Uniti gli elettori conservatori hanno sempre avuto più interesse dei progressisti per le lotte politiche attorno al controllo di corti e tribunali, e hanno orientato le loro scelte di voto in base a questo criterio molto più di quanto abbiano fatto i progressisti. Ogni volta che scelgono un senatore o un candidato al Senato, gli elettori conservatori danno molta più importanza alle idee di chi hanno davanti in termini di nomine giudiziarie di quanto facciano i progressisti. E quindi eleggono una classe politica che si comporta di conseguenza: perché ci crede, e perché i loro seggi dipendono da quello più che da altro.