E sorridere dei guai – S04E42

–18 giorni alle elezioni statunitensi

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Un giorno vi racconterò la fitta che provo ogni volta che vi dico che “potrebbero passare giorni o settimane prima di sapere il vincitore delle elezioni del 3 novembre!”, e questo è Da Costa a Costa.

Leggendo le ultime edizioni di questa newsletter e in generale la cronaca di questa fase finale della campagna elettorale americana, e scorrendo i risultati dei sondaggi con la freddezza dei professionisti, quali ormai siete, potreste esservi fatti un’idea. Che Joe Biden abbia vinto le elezioni.

D’altra parte i sondaggi di tutti gli istituti attribuiscono da mesi a Biden un largo e crescente vantaggio, sia sul piano nazionale che negli stati in bilico: ben più ampio del vantaggio di Clinton di quattro anni fa. Biden non sta affrontando scandali imbarazzanti o attacchi informatici internazionali, al contrario di Clinton, e ha un elettorato molto motivato, al contrario di Clinton. Che comunque perse per un soffio: per un accidente della storia. Qualcuno di voi me lo ha anche scritto: ma non sarà che voi giornalisti, dopo esservi clamorosamente scottati nel 2016, oggi non sareste disposti a dirci che Biden ha la vittoria in tasca nemmeno se avesse venti o trenta punti di vantaggio nei sondaggi? Un distacco epocale e senza precedenti come quello di Biden per voi non è ancora abbastanza? Perché non dire le cose come stanno?

È una domanda legittima. Quando mi è capitato di parlarne dal vivo, nelle scorse settimane, ho detto che il vantaggio di Biden è oggettivamente larghissimo e che le condizioni politiche del 2020 sono oggettivamente lontanissime da quelle del 2016: ma ho aggiunto anche che ci sono due gigantesche variabili che persino oggi, a poco più di due settimane dalle elezioni e mentre quasi dieci milioni di americani hanno già votato, mi spingono a considerare questa partita ancora aperta. Almeno per quanto mi riguarda, lo penso davvero, non è finta la mia prudenza: è più probabile una vittoria di Biden, forse persino una larghissima vittoria di Biden, ma Trump può ancora vincerle queste elezioni.

Da mesi vi parlo di come i sondaggi mostrino un grande spostamento a favore di Biden delle donne che vivono nelle zone suburbane. Qualche giorno fa durante un comizio Trump ha detto: «Posso chiedervi un favore, care donne delle zone suburbane? Potrei piacervi un po’ di più? Per favore. Per favore». Voi potete non credere ai sondaggi, ma Trump evidentemente ci crede.

La prima variabile è che non abbiamo idea – letteralmente non ci sono precedenti – di quali siano le conseguenze di una pandemia sulla partecipazione al voto. Se è vero che gli errori nei sondaggi arrivano spesso non tanto dagli elettori che si vergognano di dire per chi votano quanto da errori nella composizione del campione, – ed è vero: lo sapete – beh, come si fa a comporre un campione rappresentativo degli elettori che effettivamente riusciranno a esprimere un voto nelle attuali condizioni? Interi segmenti dell’elettorato potrebbero partecipare molto meno di quanto accada di solito, per paura del contagio o perché scoraggiati dalle ore e ore di coda necessarie per votare negli stati dove le manovre di soppressione del voto sono particolarmente aggressive, come la Georgia. Altri potrebbero partecipare molto più di quanto accada di solito, per via della maggiore facilità di accesso al voto per posta garantita da diversi altri stati.

Prendete il voto per posta. I dati ci dicono che quest’anno saranno soprattutto elettori del Partito Democratico a votare per posta. E ci dicono anche che storicamente l’uno per cento di tutte le schede espresse per posta viene annullato: molto di più di quanto accada per i voti espressi di persona. Votare per posta, infatti, è una procedura che richiede diversi passaggi burocratici: basta sbagliarne uno perché il proprio voto non sia valido.

La scheda deve partire entro una certa data: è il motivo che ha portato a scartare un quarto dei voti per posta annullati nel 2016 e alle elezioni di metà mandato del 2018. La scheda elettorale deve essere riposta dentro una busta anonima, e quella busta anonima dev’essere messa dentro una busta da firmare. A un quinto delle schede annullate nel 2016 mancava la firma sulla busta esterna. Altre vengono annullate perché gli elettori mettono la scheda direttamente dentro la busta firmata, oppure spediscono solo la busta anonima. In molti stati, poi, la firma deve combaciare con quella depositata al momento di chiedere di votare per posta; in altri è richiesto di indicare uno o due testimoni, per verificare che la scheda sia stata effettivamente compilata dalla persona che l’ha ricevuta.

Insomma, centinaia di migliaia di voti per posta potrebbero essere annullati. È plausibile che siano in maggioranza voti per Joe Biden. Tenete presente che Trump nel 2016 vinse in Wisconsin di circa 20.000 voti e in Michigan di circa 10.000 voti. Capite che enorme variabile sull’esito finale e sull’esito di sondaggi che misurano l’intenzione di votare?

La seconda variabile è ancora più ampia e sfuggente.

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