14 Nov Toccare terra correndo – S04E46
Abbiamo tutti un amico convinto che un giorno tornerà con l’ex fidanzata che nel frattempo si è sposata con un altro, e questo è Da Costa a Costa.
Joe Biden ha ricevuto al Dipartimento di Stato i messaggi di decine di capi di stato e di governo di mezzo mondo, ma non può leggerli. Vorrebbe parlare con Anthony Fauci dei piani per distribuire il vaccino contro il coronavirus, ma Fauci non può dirgli nulla. Dovrebbe ricevere i briefing quotidiani sulla sicurezza nazionale, ma non gli arrivano. Avrebbe bisogno di una linea telefonica sicura per parlare con i leader stranieri e discutere le nomine della sua futura amministrazione, ma non ce l’ha. Gli servirebbero uffici e soldi per gestire questi due mesi di transizione, ma dal governo non gli è arrivato niente.
“Hit the ground running” è un’efficace espressione americana che non ha una traduzione equivalente italiana. Qualcuno potrebbe suggerire “partire in quarta”, ma voi avete mai provato a partire in quarta? Letteralmente significa “toccare terra correndo”. Immaginate un uomo che si getta col paracadute, e cadendo lentamente si avvicina al suolo, un metro dopo l’altro… per cominciare a correre dal momento in cui tocca terra. “Hit the ground running” vuol dire partire alla massima velocità. Non avere bisogno di guardarsi intorno, di orientarsi, di partire piano. Essere pronti dal minuto uno del giorno uno: da subito.
La principale ragione per cui passano più di due mesi tra l’elezione del nuovo presidente e il suo effettivo insediamento è permettere al suddetto nuovo presidente di hit the ground running. Non è solo una questione di curva di apprendimento: dopo quarant’anni al Senato e otto alla Casa Bianca da vicepresidente, Joe Biden non ha bisogno che qualcuno gli dica dove si trova la sala riunioni. Quando si insedia una nuova amministrazione, però, non cambiano solo il presidente e i ministri: cambiano tutti i dipendenti della Casa Bianca e una buona parte dei dipendenti di ogni ministero. Parliamo di almeno quattromila persone, che Joe Biden deve scegliere e nominare prima di prestare giuramento, così che anche loro possano hit the ground running.
La legge prevede che dal momento in cui è “evidente” che le elezioni hanno un vincitore, il capo di un ente che si chiama General Services Administration, e si occupa di tutte le questioni logistiche che riguardano l’operatività del governo americano, firmi una lettera che avvii la fase di transizione. Non serve che il vincitore sia stato ufficialmente certificato, cosa che avverrà soltanto a dicembre: basta che ci sia un vincitore chiaro. Di solito è un momento sancito dal discorso con cui uno dei due candidati ammette la sconfitta o da un risultato netto abbastanza. Quattro anni fa questa lettera fu firmata la mattina dopo le elezioni, e Barack Obama invitò Donald Trump alla Casa Bianca il giorno dopo. Stavolta la lettera non è ancora stata firmata.
La firma di questa lettera sbloccherebbe oltre sei milioni di dollari di fondi federali, così da dare al comitato di transizione uffici, linee telefoniche sicure, biglietti aerei e soprattutto stipendi per chi dovrà mettere in piedi un governo da zero in due mesi. Ma non solo: la firma permetterebbe a Biden di ricevere i briefing sulla sicurezza nazionale, di avere accesso ai rapporti del Dipartimento di Stato, di essere messo a conoscenza dei piani per distribuire il vaccino contro il coronavirus. E anche di cominciare a sottoporre all’FBI la lista delle persone che intende nominare agli incarichi che comportano venire a conoscenza di informazioni top secret.
Per ognuna di queste persone l’FBI dovrà organizzare uno o più colloqui, esaminare precedenti penali, dichiarazioni patrimoniali, incarichi precedenti e potenziali conflitti di interessi; e dovrà fare lo stesso con i suoi parenti e amici più stretti. Non si mettono informazioni riservate e strategiche in mano a chiunque. Ognuna di queste nomine dovrà poi essere valutata e ratificata dal Senato. È una procedura che richiede tempo. Nel rapporto con cui il Congresso indagò sugli attentati dell’11 settembre del 2001, una delle cause del fallimento dell’intelligence fu individuata nella brevissima transizione che occorse tra l’amministrazione di Bill Clinton e quella di George W. Bush, a causa del famoso contenzioso legale sul voto in Florida tra Al Gore e George W. Bush alle elezioni presidenziali del 2000.