05 Dic Sarà L? Oppure V? Forse K – S04E49
Non sapevo dove mettere la notizia che sto finendo di scrivere un libro quindi la metto qui, e questo è Da Costa a Costa.
“Il mercato del lavoro rischia di bloccarsi”, ha scritto ieri il Wall Street Journal. Gli ultimi dati dicono che al 14 novembre negli Stati Uniti c’erano ancora dieci milioni di posti di lavoro in meno rispetto a febbraio. Dieci milioni: sono tanti. Il tasso di disoccupazione è sceso di un paio di decimi, ma per le ragioni sbagliate: il dato mostra quante persone stanno attivamente cercando lavoro, sul totale della popolazione che fa parte della “forza lavoro” (che a sua volta è la somma di disoccupati e occupati). Il tasso è sceso perché le persone che stanno cercando lavoro sono diminuite ancora.
Inoltre, ci sono purtroppo ragioni fondate per pensare che già oggi la situazione sia peggiore rispetto al 14 novembre: nelle ultime tre settimane il numero delle persone contagiate e uccise dal coronavirus è arrivato al livello più alto mai registrato nel paese, e il picco sembra ancora lontano. Diversi stati stanno imponendo nuove restrizioni e chiudendo le attività commerciali. Le cose purtroppo peggioreranno ancora, sia con l’epidemia che con l’economia. Anche se gli Stati Uniti decidessero un lockdown adesso, ci vorrebbero almeno venti giorni prima di superare il picco. Accadrà l’opposto, probabilmente: i dati sui viaggi effettuati nel weekend del Giorno del Ringraziamento, l’ultimo di novembre, sono solo leggermente più bassi di quelli dell’anno scorso.
E tra venti giorni sarà Natale.
Il governo federale, che già aveva lasciato gestire la prima e la seconda ondata prevalentemente agli stati, non sta facendo nulla. Non sta invitando gli stati a introdurre nuove restrizioni, e anzi probabilmente farà pressioni su chi le ha introdotte o le introdurrà. Non sta rafforzando gli ospedali, che intanto hanno convertito in sale per malati di COVID-19 i parcheggi, le caffetterie, le sale d’attesa, gli spogliatoi di medici e infermieri. Il punto di rottura è arrivato: nelle prossime settimane potremo addirittura vedere alcune delle curve qui sopra appiattirsi, ma semplicemente perché gli ospedali finiranno i letti, e non tutti i malati verranno testati.
Il presidente Donald Trump non va da mesi alle riunioni della task force sul coronavirus, non chiede di essere aggiornato sull’andamento dell’epidemia, la sua agenda pubblica è praticamente vuota, su Twitter non parla di niente che non siano le assurde teorie sul voto del 3 novembre. Questa settimana ha diffuso un solenne discorso alla nazione, dalla Casa Bianca, presentandolo come “il discorso più importante che io abbia mai pronunciato”. Per 46 minuti ha delirato sulle elezioni presidenziali, e non ha parlato della pandemia nemmeno per un secondo. In sostanza ha smesso di governare il paese.
È vero, per fortuna i vaccini sono dietro l’angolo. Ma ci manca ancora un po’ per arrivare all’angolo. E quel tempo che manca – dicembre, gennaio, febbraio, come minimo – sarà “il momento più difficile della storia di questa nazione sul piano della salute pubblica”, ha detto qualche giorno fa il capo del più importante ente sanitario americano.
Questo è il paese che Joe Biden dovrà governare dal 20 gennaio del 2021. Ma cosa succederà nel frattempo all’economia americana – cioè alle vite delle persone americane – una volta girato l’angolo? Ci sarà una ripresa dell’economia, indubbiamente. Ma che tipo di ripresa sarà? Quanto sarà veloce? Qui ci vengono in soccorso le lettere dell’alfabeto. Nel gergo degli economisti, infatti, i vari tipi di ripresa vengono discussi usando la forma della linea dei grafici. È più facile capirlo vedendolo.